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domenica 29 giugno 2014

Recensione GBU - Alibi

Ci sono band che puntano all'estremo. Vanno a cercare soluzioni stilistiche che cercano di lasciare a bocca aperta, e che di solito sono apprezzate solo dai fan più accaniti e da alcuni addetti ai lavori che con la sperimentazione a tutti i costi sono felicissimi. Poi ci sono band che puntano sulla semplicità e l'immediatezza della propria musica. Ecco, i GBU rientrano nella seconda categoria.
Alibi è un disco rock diretto che arriva subito a chi lo ascolta, che si tratti di grandi consumatori di musica, sia che si tratti di ascoltatori distratti. I secondi ci troveranno dei bei riff orecchiabili con cui potranno divertirsi, mentre i primi andranno un po' più dentro il disco. E andando a scavare escono fuori tocchi Hard Rock ( Charlie ), richiami funk ( Cigarettes ), le due cose che si uniscono ( Circus ) e un finale psichedelico ( Sunflowers Field ) in cui un po' tutti possono trovare qualcosa che aggrada.

Debutto abbastanza convincente per i GBU. Voglia di fare Rock senza troppi pensieri, ma mettendo in mostra che le idee ci sono e possono essere sviluppate anche molto bene. Sta a loro decidere in quale verso sviluppare la loro musica.


Tracklist :
Problems
Charlie
Blue
End Of The Road
Feeble Flame
Cigarettes
Circus
Last Will
Sunflowers Field

martedì 24 giugno 2014

Recensione SUS - Tristi Tropici

I Tristi Tropici sono un posto da esplorare. Così i toscani SUS ( all'anagrafe Succede Una Sega ) presentano il loro nuovo lavoro, undici brani che provano a portarci in un modo fantasioso e sognante, fatto di malinconia e sorrisi, un viaggio più emotivo che reale.
Partendo con l'ascolto di Tristi Tropici avevo pensato di essere davanti all'ennesimo disco rock di qualche band emergente, con l'occhio strizzato al pop, un disco più gridato che cantato e fatto apposta per riscuotere un seppur minimo consenso commerciale. Lunedì Feriali sembra fatta dal sarto per dar seguito alle mie teorie. Ecco, non avrei potuto sbagliarmi di più.
Già da Il fascino indiscreto del Compasso il disco prende tutta un'altra piega, portandoci appunto in quei Tristi Tropici che dobbiamo scoprire. C'è sempre una forte componente vicina al Pop, ma è elaborata con toni acidi e psichedelici, accompagnata da testi mai banali. Il trittico Il Cerchio, Tristi Tropici e Wake sono un po' il sunto di tutta questa teoria, una voce che ricorda sinistramente Battisti ( Il Cerchio ), atmosfere esotiche ( Tristi Tropici ) il tutto condito dalla voglia di andare lontano dagli stereotipi della musica indipendente italiana di questo periodo.



Tristi Tropici è un disco congegnato benissimo e realizzato meglio. Da queste idee si poteva tirare fuori un disastro totale o un disco ottimo, i SUS riescono nella seconda opzione. Un lavoro che di certo li farà emergere definitivamente dal marasma che è la musica italiana di questi anni. 

sabato 21 giugno 2014

Recensione 15 Minutes of Shame - Scrambled Eggs

Devo ammettere che i 15 Minutes of Shame li avevo già sentiti suonare, ma non lo ricordavo. Li vidi qualche tempo fa in apertura del concerto dei Fast Animals and Slow Kid e l'impressione che mi fecero fu ottima. L'unico errore fu dimenticare il loro nome. Quindi ora con il loro primo album tra le mani, il ritrovarli non può che farmi piacere.
E l'impressione lasciatami da quel loro live la ritrovo in questo Scrambled Eggs. Un rock essenziale e con pochi fronzoli, che lascia poco all'immaginazione di chi ascolta anzi mette tutto in campo. Ma che ti spiazza in diverse occasioni, con aperture al pop (Ye-Yeah ), accenni di reggae ( Michael ) e traspare anche un certo amore per l'Hard Rock ( Nature Reawakens in Springs, Gaugamela ). Ma è una forte attitudine punk a farla da padrone e che pervade tutto l'album. Una voglia di suonare senza troppi pensieri e con la voglia di divertirsi. E se escludiamo un leggero senso di ripetitività con l'andare del disco, Scrambled Eggs suona decisamente bene. Forte, potente e compatto.


Ottimo inizio per i 15 Minutes of Shame che mettono in mostra una spiccata tendenza a fare del bel rock. Ora è tutto in mano a loro visto che hanno dimostrato di saperci fare e speriamo che con il tempo riescano a trovare la loro strada e a limare quelle piccole pecche che ogni debutto si porta dietro.


Tracklist :

Nature Reawakens in Springs
Crazy Fight of Corianders
Fifteen Minutes of Shame
Ye-Yeah
Michael
Scrambled Eggs
In Memory Of

Gaugamela

mercoledì 18 giugno 2014

Recensione Willie Nelson - Band Of Brothers

Se a ottantuno anni e con una parete piena di dischi scritti e suonati hai ancora la voglia e la forza di metterti in gioco vuol dire che dentro hai qualcosa di speciale. E Willie Nelson quel qualcosa lo deve sicuramente avere, visto che torna nei negozi con un nuovo album, che numerare risulta impossibile vista la mole della sua discografia. Band Of Brothers è il suo ultimo lavoro in cui sono nove i brani inediti, cosa abbastanza rara visto che le ultime pubblicazioni erano per la maggior parte cover e duetti.
Quando si arriva all'età di Willie Nelson è abbastanza normale che si sia persa per strada la foga e l'irruenza della giovinezza, ma la classe, quella si che resta la stessa. E questo nuovo lavoro trasuda eleganza e conoscenza. I toni sono più sommessi e lenti rispetto al passato, la voce è ancor più roca ma l'abilità nella composizione è rimasta intatta. Ormai i suoni che lo hanno reso celebre sono lontani e fanno capolino solo in pochi passaggi ( Wives And Girlfriends, Used To Her, Crazy Like Me ) ma sembra ultimato il passaggio alla canzone d'autore vera e propria, con cui il Country c'entra poco. Sembra che Willie Nelson abbia compiuto lo stesso percorso che il suo amico Johnny Cash intraprese negli ultimi anni di carriera.



Ci sono artisti che sarebbe meglio se smettessero di produrre musica già da molto giovani, altri che non dovrebbero smettere mai. Willie Nelson è sicuramente nella seconda categoria. Possono cambiare i suoni, possono venir meno le forze, ma quando hai ancora cose si può esser certi che la musica rimarrà sempre di alto livello. 

sabato 14 giugno 2014

Recensione Lo Stato Sociale - L'Italia Peggiore

Ammetto di aver scoperto Lo Stato Sociale solamente da poco. La loro prima uscita discografica mi era sfuggita e l'ho recuperata solo pochi mesi fa. E con il disco ho recuperato anche le recensioni dell'epoca. Un'ecatombe. Ma anche un trionfo tra il pubblico. Turisti Della Democrazia è stato uno dei lavori più contrastanti della musica italiana degli ultimi anni, e questo nuovo L'Italia Peggiore non sarà da meno. Si perché il loro approccio musicale non è cambiato di una virgola, il che non cambierà i giudizi su di loro, tra chi li ama e chi li odia.
Quello de Lo Stato Sociale è un fenomeno strano. La loro immediatezza e cazzonaggine li porta a essere adorati dalla folla, che nei loro testi sloganistici rivede l'Italia di oggi, mentre la critica gli da addosso per lo stesso motivo, rivedendo in loro un populismo e una sagra del luogo comune come difficilmente si era visto in passato. Ma forse, e come quasi sempre, la verità è nel mezzo. Ci troviamo davanti a una naturale evoluzione del pop, con delle derivazioni indie, in cui il motivetto orecchiabile e il testo a volte no-sense, a volte triviale, a volte accusatorio li porta a essere sempre al centro dell'attenzione.
Resta solo da capire da quale punto di svista si voglia sentire la musica de Lo Stato Sociale. Se la si vuole prendere sul serio, allora partiamo con le critiche da cui il disco non può che essere esente. Populismo, ricerca di slogan ad effetto, ripetitività musicale con le basi sintetiche che di certo entrano in testa ma che a livello musicale non sono il massimo della vita. Se invece la vogliamo prendere per come la descrivono loro, ovvero per delle canzonette, allora il discorso cambia, perché la band bolognese sa quel che fa e si sa che delle derive nel trash in Italia sono sempre apprezzate.



Ho letto in giro di tutto. Paragoni con I Cani ma con un tasso intellettuale più basso, confronti con Vasco Brondi che sembra essere la loro nemesi. Influenze ovviamente ne hanno avute anche loro e di certo si sente nella loro musica, ma magari invece di continuare a confrontarli con altri artisti, pensiamo a Lo Stato Sociale come un'entità a se stante, che può piacere o no, ma che di sicuro non rappresenta il peggio che c'è in Italia, come invece letto da più parti.

mercoledì 11 giugno 2014

Recensione Kasabian - 48:13

I Kasabian sono in rampa di lancio nella scena musicale britannica ormai da qualche anno. Già nel 2011 con Velociraptor! Si erano affacciati alla ribalta europea con decisione. Ma sembrava che mancasse ancora qualcosa per fare il definitivo salto di qualità che li portasse sulla bocca di tutti. E ora prova a farlo con questo nuovo 48:13 ( non cercate riferimenti numerici strani, è solo la durata dell'album ).
Ascoltando tempo fa il primo singolo estratto da questo nuovo lavoro ( Eez-eh ) la curiosità per il disco era aumentata esponenzialmente, visto che il brano in questione sembrava più sfornato da una band disco che dai Kasabian. Pensavo che la già forte componente elettronica dei precedenti lavori avesse preso definitivamente il sopravvento sull'anima rock della band, e forse in parte è così. Ma Eez-eh è un caso limite, una deriva che nel complesso del disco sta anche bene.
Dopo un'iniziale stasi il disco esplode immediatamente con Bumblebee e sembra non arrestarsi mai. Stevie, Doomsday e Treat sono un concentrato di energia che metterebbe a dura prova chiunque, e difficilmente si può restare fermi ascoltandole. Era impossibile tenere quel ritmo per tutto il disco, quindi ecco Glass e Explodes che ci portano in un mondo elettronico e onirico in cui perdersi è molto facile. E dopo il delirio di Eez-eh ( serio candidato a essere tra i tormentoni dell'estate ) ecco la chiusura delicata di S.p.s, lenta ballata dal chiaro gusto britannico.


Se la spinta che serviva ai Kasabian era un disco eccellente, ora ce l'hanno. Un disco in cui non inventano nulla, ma prendono quello che hanno fatto nei precedenti lavori e lo rielaborano in una confezione nuova. E che conquisterà una fetta sempre maggiore di fan


Tracklist :

  • ( Shiva )
  • Bumblebee
  • Stevie
  • ( Mortis )
  • Doomsday
  • Treat
  • Glass
  • Explodes
  • ( Levitation )
  • Clouds
  • Eez-eh
  • Bow
  • S.p.s.

martedì 10 giugno 2014

Recensione Jack White - Lazaretto

In questo caso la premessa è d'obbligo. Jack White è la cosa migliore che è capitata alla musica negli ultimi due/tre lustri. Una sorta di Re Mida della musica moderna. White Stripes, Racounteurs, The Dead Wheater e poi da solista tutto quello che è uscito dalla sua mente e si è trasformato in musica ha influenzato l'andamento musicale. Una buona parte della musica alternativa che ascoltiamo ora è figlia di Elephant. E in questi ultimi anni le sue composizioni hanno aumentato l'ampiezza fino a coprire tanti di quei generi diversi che quasi si perde il conto.
E dopo due anni è giunto il momento di dare un seguito a Blunderbuss, quindi ecco arrivare Lazaretto. Undici nuovi brani che vanno da una parte all'altra, senza apparente connessione logica, se non nella mente di Jack White. Undici pezzi che avrebbero potuto vivere di vita propria ed essere considerato ognuno un brano validissimo, ma che riescono a convivere e a legarsi armoniosamente l'uno con l'altro.
Rock-Blues acidi al limite della psichedelia ( Three Woman ), uno strumentale che partendo dal Blues arriva a sfiorare l'Heavy ( High Ball Stepper ), una ballata che sfiora il Country ( Temporary Ground ) e altre ballate di una dolcezza e maliconia uniche ( Want And Able, Entitlement ), fino a pezzi che richiamano l'Honky-Tonk ( Just One Drink ) e un rock più classico ( I Think I Found The Culprit ). E mettendo tanta carne al fuoco a volte si rischia di bruciarla, ma Jack White come il migliore degli chef riesce a unire il tutto dandogli un sapore fantastico.
Difficile trovare un disco che mantenga per tutta la sua durata la stessa, altissima, qualità. In cui nessun pezzo può essere considerato un riempimento rispetto agli altri, ma che anche preso per suo conto e fuori contesto ha una propria validità. E si può soprassedere sul fatto che magari due brani consecutivi siano completamente opposti, se il risultato è questo ben venga questa varietà.


Resta poco da dire su questo disco, se non un immenso ringraziamento a Jack White che ci offre un disco da ascoltare a ripetizione senza rischio di annoiare, e ci dimostra ancora una volta che abbiamo a che fare con un genio.


Tracklist :

  1. Three Woman
  2. Lazaretto
  3. Temporary Ground
  4. Would You Fight For My Love?
  5. High Ball Stepper
  6. Just One Drink
  7. Alone In My Home
  8. Entitlement
  9. That Black Cat Licorice
  10. I Think I Found The Culprit
  11. Want And Able

sabato 7 giugno 2014

Recensione Il Pan Del Diavolo - FolkRockaBoom

Ci sono artisti che in tutta la carriera restano sempre uguali a loro stessi, proponendo sempre il solito materiale senza nulla di nuovo. Altri invece nel corso del tempo si evolvono andando a trovare quello che è il loro suono. Il Pan Del Diavolo rientra nella seconda categoria. Dopo il chiassoso inizio con Sono All'Osso, e il passaggio intermedio di Piombo, Polvere e Carbone ecco arrivare il terzo disco in quattro anni, FolkRockaBoom.
Il percorso artistico del duo palermitano li ha portati ad abbassare di molto i toni rispetto al passato, avvicinandosi al cantautorato, senza per questo perdere la loro anima Folk-Rock che li accompagna sin dagli esordi. E in questo disco si alternano perfettamente pezzi che guardano al passato con pezzi che segnano questo strappo con il passato. Il tutto con la solita chitarra a creare intrecci psichedelici e onirici, che portano la mente da altre parti. A sintetizzare il tutto c'è Aradia pezzo strumentale che con i suoi richiami Tex-Mex ci fa assaporare sonorità coloratissime.
La già sentita Il Meglio e la titletrack FolkRockaBoom sono il sunto perfetto del disco, arpeggi eleganti pronti a esplodere da un momento all'altro. E questo concetto è portato alla sublimazione dalla bellissima Mediterraneo che richiama un non so che di Rino Gaetano soprattutto nel testo, stessa sensazione che si ha in molti altri punti del disco. E se quello che ascolti ti fa pensare a qualcuno che è stato grandissimo è sempre un pregio.


Vedere una band che segui sin dagli esordi maturare in questo modo non può che dare soddisfazioni a chi ascolta. Questo cambiamento porterà sicuramente un successo maggiore a Il Pan Del Diavolo, senza per forza dover perdere qualcosa in termini di qualità.


Tracklist:
  1. FolkRockaBoom
  2. Mediterraneo
  3. Vivere Fuggendo
  4. Il Meglio
  5. Cattive Idee
  6. Io Mi Do
  7. I Peggiori
  8. Un Classico
  9. Nessuna Certezza
  10. Mezzanotte
  11. Aradia
  12. Il Domani

venerdì 6 giugno 2014

Recensione Punkreas - Radio Punkreas

I Punkreas sono arrivati a venticinque anni di carriera e questo è uno di quei traguardi da festeggiare. La maggior parte dei gruppi in queste occasioni sforna un “Best Of” e se la cava così, ma i Punkreas sono un gruppo particolare e decide di rendere omaggio al loro primo quarto di secolo di attività in modo diverso dal solito, sfornando un disco di cover in cui rendere omaggio a quelle che sono state nel corso degli anni le loro ispirazioni.
Leggendo nei giorni scorsi le canzoni che sarebbero state presenti nel disco alcune le avevo subito trovate perfette, mentre altre mi avevano incuriosito. Scegliere i CCCP, i Tre Allegri Ragazzi Morti o gli Skiantos sembrava normale vista una certa affinità con i suoni proposti dalla band milanese. Ma la scelta di Jimmy Fontana o gli Africa Unite un certo interesse lo aveva creato. E probabilmente quelle che sembravano meno adatte ai Punkreas si rivelano forse quelle meglio riuscite.
Trattandosi di una festa non possono mancare gli invitati. E quindi ecco che abbiamo Piotta ( Il Mondo ), Samuel Romano ( Nuova Ossessione ), Toffolo ( La Tempesta ), Bunna ( Sotto Pressione ), Alteria ( Reality ), Alberto Radius ( Poliziotto ) e il compianto Freak Antoni ( Ti Rullo di Kartoni ).
Come in tutti i dischi di cover ci sono quelle meglio riuscite e quelle meno. In questo caso quelle che suonano meglio sono quelle che vengono ribaltate totalmente rispetto all'originale. Quindi ecco che Il Mondo di Jimmy Fontana suona dannatamente moderna nonostante sia stata scritta cinquant'anni fa. Così come La Ballata Del Pittore di Jannacci prende nuova vita grazie alla foga dei Punkreas, che in tutti e i dodici brani imprime il proprio stile senza provare a fare qualcosa di diverso. Sui brani che sembravano più vicini ai suoni della band milanese pesa il confronto con l'originale, in cui ad averla la meglio sarà il solo gusto personale. Una nota a parte la merita Reality di Richard Sanderson che mai avrei pensato di rivalutare e apprezzare, ma i Punkreas riescono in questa impresa insieme a Alteria, creandone una versione che se una persona non conoscesse l'originale la potrebbe prendere per un brano del passato della band.


Radio Punkreas è una festa è per questo bisogna prenderla. Un modo di divertirsi per la band e per far sentire qualcosa di diverso al proprio pubblico. E ci offre la possibilità di sentire ancora una volta la voce di Freak Antoni e non è poco.


Tracklist:

  1. Io Sto Bene - CCCP
  2. Il Mondo – Jimmy Fontana
  3. Nuova Ossessione – Subsonica
  4. La Tempesta – TARM
  5. Sotto Pressione – Africa Unite
  6. Reality – Richard Sanderson
  7. Cani Sciolti – Sangue Misto
  8. Poliziotto – Alberto Radius
  9. La Ballata Del Pittore – Enzo Jannacci
  10. Pigro – Ivan Graziani
  11. Ti Rullo Di Kartoni –Skiantos
  12. Il Mio Androide è Uscito Dallo Schermo Tv – Gli Impossibili

mercoledì 4 giugno 2014

Recensione Queens Of The Stone Age @ Rock In Roma

...Like Clockwork è stato uno degli album migliori del 2013. E che avesse delle ottime potenzialità anche dal vivo si era sentito da subito. E ieri sera all'apertura della kermesse del Rock in Roma si è avuta l'ulteriore conferma di tale teoria. Sei pezzi dall'ultimo disco e tanto materiale preso dal passato della band. Si pesca anche dai precedenti lavori, con una certa preferenza per Songs For The Deaf.
Era il mio debutto con i QOTSA dal vivo e avevo una mia idea su cosa aspettarmi. E se anche le aspettative erano alte, Josh Homme e soci riescono anche ad alzare l'asticella. Il quintetto statunitense offre uno spettacolo fatto di luci e suoni duri, uno show serratissimo senza un attimo di sosta per la gioia del pubblico romano.
Durante tutta l'ora e mezza del concerto nella mente mi risuonavano tre aggettivi: Compatti, spavaldi e incazzati. Sull'ultimo servono poche spiegazioni, basta sentire uno qualsiasi dei loro dischi. La spavalderia è dovuta alla possibilità di giocarsi due singoloni come No One Knows My God Is The Sun in apertura di concerto senza che per questo la scaletta ne risenta. Ma è la compattezza che mi ha lasciato a bocca aperta. Suonano e si muovono sul palco come se fossero un corpo unico, stringendosi al centro del palco e lasciandone una buona metà inutilizzato, cosa che offre ancor di più un senso di unità.
Dal punto di vista musicale c'è ben poco da dire visto che l'esecuzione è perfetta e dal vivo i loro pezzi suonano ancor più crudi e violenti rispetto alle versioni su disco. E il finale della prima parte di set, con Better Living Through Chemistry Go With The Flow, varrebbe da solo il prezzo del biglietto, vista la forza con cui vengono suonati questi due brani.
Come detto le aspettative erano molto alte ma Josh Homme e compagnia riescono a fare anche qualcosa di più. L'unica nota negativa è la brevità dello show, un'ora e mezza scarsa, che però passa in secondo piano visto l'intensità messa sul palco durante tutto lo spettacolo.


Setlist :
  1. You Think I Ain't Worth a Dollar, but I Feel Like a Millionaire
  2. No One Knows
  3. My God Is The Sun
  4. Burn The Witch
  5. Smooth Sailing
  6. In My Head
  7. Feel Good Hit Of The Summer
  8. The Lost Art Of Keeping a Secret
  9. ...Like Clockwork
  10. If I Had A Tail
  11. Little Sister
  12. Make It Wit Chu
  13. I Sat By The Ocean
  14. Sick, Sick, Sick
  15. Better Living Through Chemistry
  16. Go With The Flow
    Encore :
  17. The Vampyre Of Time And Memory
  18. 3's & 7's
  19. A Song For a Deaf