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mercoledì 24 settembre 2014

Recensione Marlene Kuntz - Pansonica

In questo 2014 i Marlene Kuntz festeggiano i vent'anni dall'uscita di Catartica. Una di quelle ricorrenze che vanno ricordate. Ma invece di proporci la solita versione rimasterizzata, risuonata, remixata e similari, Godano e compagnia ci offrono in dono sette brani di quel periodo, sette canzoni finora mai pubblicate ufficialmente. Canzoni nate nel periodo che si concluse con Il Vile, che per qualche tempo trovarono spazio dal vivo per poi restare solo negli archivi della band di Cuneo.
Già dal titolo Pansonica vuol ricordare il brano che più di tutti ha segnato il successo del gruppo, quella Sonica che gli ha aperto le porte del grande pubblico. E i sette brani proposti mantengono un filo conduttore con la produzione dell'epoca, sebbene risuonate a distanza di vent'anni. Un operazione che renderà felici sia i fans della prima ora che ritroveranno suoni che la band ha quasi totalmente abbandonato, ma anche utile per chi la band l'ha scoperta più tardi che può accedere e avvicinarsi meglio al vecchio repertorio.
Ma è anche abbastanza lontano da quello che sentivamo parecchio tempo fa. In Pansonica sono le linee di basso a farla da padrone, la voce di Godano è quella matura degli ultimi anni, e il tutto suona ruvido e ancestrale ma che perde la violenza che era la base portante dei Marlene Kuntz dell'epoca.



Un disco che vuole ricordare un periodo meraviglioso per la band, e aggiungo io per un certo di tipo di musica in Italia, ma che suona un po' anacronistico a sentirlo ora da una band che ha sposato una poetica totalmente diversa rispetto al passato. Ma che ci fa riportare la memoria a quegli anni dove tutto è nato, e ci dà prova di un gruppo in forma e con tanta voglia di suonare. 

domenica 21 settembre 2014

Recensione Fabi Silvestri Gazzè - Il Padrone Della Festa

La “Scuola Romana” degli anni '90 è ormai un punto fermo della musica italiana di questi anni. Tanti artisti che da ormai più di un ventennio si dimostrano stima e non disdegnano collaborazioni. Ecco perché quando vidi la notizia di un disco a tre Fabi, Silvestri e Gazzè la cosa non mi stupì più di tanto. Era forse solo questione di tempo, vista l'amicizia che li lega ormai da tempo.
Dodici brani, sei in trio, due di Fabi, tre di Gazzè e uno di Silvestri. In cui ognuno porta il proprio stile e al propria unicità. E sono proprio i sei pezzi in combinata che risultano essere i migliori del disco. Nulla di nuovo, ma tre ottimi artisti che mettono al servizio l'uno dell'altro la propria arte. E così ecco emergere la delicatezza di Fabi, la stravanganza di Silvestri e quel tocco di sperimentazione portata da Gazzè.
L'inizio del disco con Alzo le mani è quasi una dichiarazione d'intenti ( Io non suonerò mai così. Posso giocare, intrattenere, far tornare il buonumore o lacrimare) sullo spirito del disco. Una voglia di divertirsi tra amici e il portare poi questo divertimento tra il pubblico quando questo lavoro verrà portato in tour nelle prossime settimane.


Il Padrone Della Festa è di certo un lavoro ben riuscito, in cui tre tra i migliori cantautori nostrani si uniscono per dar vita a qualcosa, si spera, di duraturo. Non farà gridare al miracolo, ma un disco completo e vario, in cui tutti e tre sembrano a loro agio con gli altri. E il fatto che le parti migliori del disco siano quelle in cui sono insieme a comporre dovrebbe farli pensare a qualcos'altro per il futuro.

sabato 20 settembre 2014

Recensione Franco Battiato - Joe Patti's Experimental Group

Confesso. Quando ho letto le interviste e gli articoli che parlavano del ritorno all'elettronica di Franco Battiato un brivido mi ha attraversato la schiena. La fase successiva è stata l'elaborazione. Quando arriva una notizia del genere la paura c'è sempre. Tornare a fare quello che facevi trenta e più anni fa ti porta su un confine sottilissimo, tra un grande lavoro e l'essere la caricatura di te stesso. Ecco perché l'attesa per questo Joe Patti's Experimental Group, per quel che mi riguarda, era alle stelle.
Quello che sentiamo in questo nuovo lavoro è un Battiato che suona, canta, declama, interpreta e si dimostra in uno stato di ispirazione ottima. Crea, con l'aiuto di Pino Pinaxa Pishetola, un'atmosfera antica, ma che non scade mai nel vecchio o già sentito. Perché si torna a sperimentare come negli anni '70 e si cerca di aggiungere qualcosa a quel meraviglioso passato, andando anche a ripescare un pezzo da quel periodo e riproponendolo in nuova veste ( Proprietà Proibita).
Trama intricate, linee melodiche che si intrecciano con sintetizzatori, voci che si accavallano tra loro. In alcuni tratti Battiato sembra divertirsi a riscoprire qualcosa che non proponeva da una vita, ma che aveva lasciato sotto forma di indizio negli ultimi lavori.


Joe Patti's Experimental Group poteva essere uno dei lavori peggiori dell'anno. Non sono pochi gli artisti che raggiunta una certa età si mettono in gioco in campi non più loro e ne escono sconfitti. Battiato ne esce egregiamente con un lavoro che non perde interesse a ogni singolo ascolto, che invece a ogni volta che si mette il disco si scopre qualcosa di nuovo.


sabato 13 settembre 2014

Recensione U2 - Songs Of Innocence

Gli U2 dell'ultimo decennio sono la band che ha diviso più di tutti l'opinione pubblica. Fans che li idolatrano trovando il loro la musica totale e orde di denigratori che vorrebbero vederli fare qualsiasi cosa che non sia musica. E negli ultimi anni questa seconda categoria, tanto che gettare fango sulla band irlandese sembra essere diventato sport olimpico. E questo arrivo a sorpresa di Songs Of Innocence non ha fatto altro che scatenare l'ennesimo putiferio intorno alla band di Bono.
Togliamoci subito il dente. Questo nuovo lavoro non si discosta molto dal livello dei due precedenti album, How to Dismantle an Atomic Bomb e No Line on the Horizon, che avevano mostrato un declino sempre più marcato a livello compositivo. Il tocco magico che si era esaurito con Zooropa non è stato di colpo ritrovato. E ci troviamo davanti a un disco più intimo rispetto al passato, ma che va a pescare nella parte peggiore della discografia degli U2.
La strenua ricerca del pezzo da classifica ha prodotto un appiattimento generale del disco, portandolo a essere una semplice riproposizione di cose già sentite negli ultimi tempi, sia proposte da Bono e soci, sia proposti in generale dal pop-rock mainstream di un certo tipo. In molti casi si fa anche fatica a distinguere un brano dall'altro, situazione in cui ogni brano sembra essere la ripetizione del precedente e così via. Unica nota di merito a Raised By Wolves che ritorna si al passato, ma a quello glorioso dei primi lavori, lasciando ancor di più l'amaro in bocca per quello che potrebbe essere e invece non è.



Ci sono tantissimi gruppi ormai “storici” che hanno raggiunto la consapevolezza del loro status, e sopravvivono grazie al loro passato senza andare a cercare nuovi consensi, ma non rischiando neanche cadute di stile. Gli U2 non sono ancora giunti a questo livello e si fa fatica a difenderli dopo l'ennesimo lavoro non all'altezza della loro grandezza. Purtroppo per chi, come me, considera i lavori degli anni '80 degli U2 dei pezzi di storia è difficile vederli e sentirli così.