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giovedì 30 ottobre 2014

Recensione Nicola Barghi - Elettroshock

Con il passare dei dischi si acquista una sempre maggior consapevolezza dei propri mezzi. Ecco perché arrivati al quinto disco ci si può considerare quasi perfetti nella creazione di un album. Perché si è coscienti di dove e quando vada inserito ogni singolo episodio. Questo è quello che deve aver portato Nicola Barghi a questo suo nuovo lavoro. Elettroshock è il sunto di esperienza maturata in anni e anni di musica.
Un disco solare, aperto, colorato e vivace. Che riesce a muoversi in larghi spazi senza mai perdere la via maestra. Il pop al centro di tutto, con deviazioni verso l'elettronica ( A Show) o verso atmosfere più rock ( We Felt Fine). Addirittura c'è un accenno di Rockabilly ( Little Girl) e non si crea problemi a cantare in inglese o in italiano ( Bugie, Elettroshock). Tra gli undici brani abbiamo anche due cover di brani celebri, Lonely Boy dei Black Keys e Old Brown Shoe dei Beatles. E se la prima si mantiene abbastanza fedele all'originale, la seconda vive di una nuova vita orientata all'elettronica più radicale, risultando decisamente riuscita.



Il risultato di Elettroshock è un disco con una bellissima confezione, senza per questo essere vuoto all'interno. Un disco che fa divertire con leggerezza, come dovrebbe sempre fare il pop. Un lavoro che può accompagnare di sfuggita o essere ascoltato con attenzione, buono per qualsiasi occasione in cui non ci si voglia appesantire, ma si voglia ascoltare musica ben fatta. 

mercoledì 22 ottobre 2014

Recensione Tutte Le Cose Inutili - The Fence - Giovanni De Cillis

TUTTE LE COSE INUTILI – Dovremmo Essere Sempre Così

Il punk non è solo un modo di suonare ma è soprattutto un modo di porsi e di comportarsi. Ecco, Tutte le cose inutili hanno l'atteggiamento del punk. Testi diretti, musica senza fronzoli, e una sana voglia di dire le cose per come gli passano per la testa. E lo fanno con un'ottima attitudine alla composizione, in cui nessuna parola è banale ma sempre inserita alla perfezione nel contesto del loro punk-cantautorale.





THE FENCE – 14 EP

Apertura Beatlesiana ( All That Matters To Me), prosecuzione su un pop molto orecchiabile ( Don't Be Sad) per poi arrivare a una punta di elettronica che di questi tempi è d'obbligo ( Nowhere Land). Ma poi venir spiazzati da un tango inaspettato è bellissimo ( Shame) e chiudere con un pezzo ( Run & Hide) dai tratti epici e forse un po' troppo pomposi. C'è da dire che ai The Fence non manca la voglia di provare varie forme espressive, e c'è da dire quasi tutte con ottimi risultati. In attesa di un lavoro più lungo questo EP 14 è decisamente un'ottima prova



GIOVANNI DE CILLIS – Dalle Vie Di Milano

Quattro brani sono sempre troppo pochi per poter giudicare appieno un artista. Giovanni De Cillis ci offre una semplicità, musicale e nei testi, che ci riporta a qualche decennio fa, nel periodo di massimo splendore dei cantautori italiani. Una chitarra, un po' di archi messi qua e là, il tutto appoggiato su morbidi arpeggi. Con una sottile malinconia che non manca mai nei cantautori nostrani. Anche se qua l'influenza della scuola francese si sente con forza. Anche qua restiamo in attesa di un lavoro più completo per poter giudicare, ma le basi sono più che discrete.  

giovedì 16 ottobre 2014

Recensione Fast Animals And Slow Kids - Alaska

I Fast Animals And Slow Kids sono ormai una certezza nel panorama musicale italiano. I riconoscimenti e il successo che stanno raccogliendo non è passato inosservato. Ecco perché il loro nuovo lavoro Alaska era uno dei più attesi di questo 2014.
Fin dal loro esordio discografico ormai datato 2010 i FASK non hanno fatto altro che urlarci tutta la loro rabbia di giovani che vivono in questi anni difficili. Ecco, chi si aspettava un cambiamento di rotta lasciasse perdere. I quattro musicisti perugini continuano a pestare sugli strumenti come se il domani non esistesse.
E iniziando a sentire Alaska il dubbio che qualcosa fosse cambiato mi era venuto. La partenza acustica di Overture, con i suoi versi gracchiati più che cantati aveva fatto pensare a qualcosa di diverso. Ma è durata due minuti. Per i successivi trentacinque non c'è un attimo di tregua. I FASK prendono a pugni nello stomaco l'ascoltatore per quasi tutti e nove i restanti brani. Un attimo di tregua ce lo concedono con Il Vincente, una ballata con tanto di piano, che però non fa altro che mettere in mostra tutte le capacità di questa band, che si dimostra all'altezza con un brano non proprio nelle loro corde. E il Gran Final è un'altra grande prova di talento, una lunga cavalcata in cui i FASK sanno rallentare per poi esplodere di nuovo per chiudere in bellezza.


Cos'altro dire? Forse dal terzo disco ci si poteva aspettare un qualche tipo di cambiamento o sperimentazione, ma perché farlo se sei bravissimo a fare quello che sai fare? Questo deve esser stato il ragionamento fatto dai FASK e i fatti sono là a dargli ragione, visto che Alaska se possibile suona ancora più violento e arrabbiato dei loro precedenti lavori.

sabato 4 ottobre 2014

Recensione Autumn's Rain - Lago Vostok

Autumn's Rain – OM


L'OM è il suono primordiale, quello da cui tutto ebbe inizio. Ed è forse questo l'obiettivo degli Autumn's Rain. Scavare la superficie per arrivare al nucleo, all'inizio, alla purezza. E provano a farlo con un rock vecchio stile, tutto chitarre e assoli, in cui ci si avvicina a volte all'Hard Rock e a volte all'Alternative, tutto attraversato da una scossa che riecheggia e porta diritti al punk. Il tutto condito da testi che vanno a colpire la psiche umana e quello che di futile la controlla.
Ottimo lavoro per il trio giunto al secondo lavoro, un ennesimo modo di ribadire che musica fatta a dovere è possibile in Italia.


Lago Volstok – Decorso Infausto


Controtempi e cambi di ritmo. Basso incalzante e chitarre acide. Non una singola parola ma tutto lasciato alla musica. Tanta voglia di sperimentare. Un incrocio tra Math-Rock e Post-Rock con un pizzico di Prog. Un lavoro che ti stacca dal mondo mentre lo ascolti. Un disco ben fatto, ben suonato e con tante buone idee, che per coglierle tutte lo devi sentire e risentire.
Quello che avete appena letto è un flusso di pensieri usciti durante l'ascolto del disco dei Lago Volstok.


giovedì 2 ottobre 2014

Recensione Thom Yorke - Tomorrow's Modern Boxes

Ormai restare stupefatti da Thom Yorke non dovrebbe essere più una novità. Dalla metamorfosi dei Radiohead nel corso degli anni, al progetto Atom For Peace, alle novità in ambito di distribuzione dei propri lavori, il cantante britannico dovrebbe averci abituato alle novità. Ecco così arrivare, senza annunci e a sorpresa, il nuovo lavoro solista del frontman dei Radiohead. Tomorrow's Modern Boxes arriva a distanza di otto anni dal primo lavoro solista The Eraser, e viene dato agli ascoltatori tramite la piattaforma BitTorrent, leader del filesharing, al costo di 6 dollari.
E se si aggiunge una novità dal punto di vista della fruibilità della musica, anche dal lato artistico non sono poche le sorprese. Ormai la trasformazione del suono dei Radiohead verso l'elettronica è completato, e tutti sono a conoscenza della passione di Thom Yorke per l'attività di DJ. Ecco quindi che veniamo portati in un club di Londra, uno di quelli dove Yorke mette la sua passione in gioco.
Suoni cupi, ripetitivi, quasi ossessivi sono l'asse portante di questo disco. Ritmi incalzanti si alternano con pianoforte e voce ( Guess Again), lasciando poi spazio a una brano che sembra essere una canzone d'amore ( Interference) per tornare poi a chiuderci in quel locale fumoso e non uscirne più. Si ritorna in un posto buio e cupo, senza possibilità di fuga e di salvezza, quasi come se Thom Yorke volesse portarci sempre più dentro le proprie ossessioni, o almeno in quelle che ancora non aveva esplorato in tutti i suoi precedenti progetti.



Thom Yorke dimostra come con la musica ci si può giocare e si può modellare a proprio piacimento, senza per questo abbassare degli standard qualitativi che ormai hanno raggiunto vette quasi inarrivabili.