Pagine

mercoledì 26 novembre 2014

Recensione Matinée - These Days

Emigrare è quasi una necessità di questi tempi. I Matinée nascono in Italia e crescono musicalmente in quel di Londra, che gli dà una grossa mano per il loro sound. Perché questo primo lavoro dei Matinée risente fortemente dei richiami e degli spunti che la musica britannica degli ultimi anni ci ha offerto. A partire dal nome che si ispira a una canzone del primo lavoro dei Franz Ferdinand ( The Dark of the Matinée) per arrivare ai suoni e di cui si tinge questo debutto.
These Days come molti altri dischi d'esordio prova a mescolare diversi stili e influenza che i musicisti hanno avuto nel corso della loro vita. Ecco quindi trovare richiami appunto ai Franz Ferdinand ( City Lifestyle, All The Good Fella's) o a un pop-rock di fattura anglofono che tanto va in questo periodo ( Missing Pieces of a Jigsaw). Il singolo, che dà anche il titolo all'album, These Days è un perfetto brano pop che già ha fatto presa sul pubblico, così come altri brani di questo primo album, che sembrano essere fatti dal sarto per farsi cantare nei live della band.
Ma il lavoro da fare è ancora parecchio. Soprattutto perché sembra i Matinée non abbiano ancora deciso quale sia la strada da far prendere alla loro musica. Ma il tempo è tutto dalla parte della band che di certo saprà scegliere il percorso giusto per il prosieguo della propria carriera.  

mercoledì 12 novembre 2014

Recensione Nadàr Solo - Fame

Fame di emozioni, Fame di vita. In questi tempi duri è forse solo la Fame che può aiutarci a tirare avanti. Ed è la Fame a portarci a storie marginali e dure. Ed è quello che mettono Nadàr Solo nel loro nuovo lavoro. Testi violenti uniti a una musica che sa essere potente e delicata, aggressiva e melodica.
Un lavoro che prende spunto dalla scena alternative italiana degli ultimi anni, che si ispira ma non copia, cercando di creare uno stile proprio. Si sentono i Marta sui Tubi ( La Vita funziona da sé) abbastanza normale visto che nel disco collabora Mattia Boschi, si sentono gli Zen Circus ( Piano Piano Piano) con la collaborazione di Appino cancellata all'ultimo momento. Si va dal singolo che strizza l'occhio al pop ( Non Volevo) a brani più duri sia nella musica ( Jack Lo Stupratore) che nei testi ( Cara Madre). Si parla di violenze domestiche ( Cara Madre) e storie di provincia che spesso non vengono raccontate ( Ricca Provincia).



I Nadàr Solo cercano di far emergere il loro stile mescolando pop a sturiate più rock.
Mescolando toni leggeri con parole pesanti. Matteo De Simone riesce a raccontare storie anche tremende con gran classe, e il resto della band riesce a supportarlo nel migliore dei modi, creando affreschi che fanno riflettere, che di questi tempi non è un male.  

sabato 8 novembre 2014

Recensione Foo Fighters - Sonic Highways

Dave Grohl è ovunque. Solo nell'ultimo anno lo abbiamo trovato nel disco dei Queens of the Stone Age e alla direzione del documentario Sound City e di un videoclip dei Soundgarden. Era arrivato anche il momento di dare un nuovo capitolo alla storia dei Foo Fighters, quindi ecco arrivare Sonic Highways seguito di Wasting Light uscito tre anni fa.
Oramai il sound della band di Dave Grohl è consolidato da tempo. Rock diretto e duro, poco spazio a manipolazioni, il tutto suonato ideato da una delle menti musicalmente migliori degli ultimi vent'anni. E questo Sonic Highways altro non è che l'ennesimo, riuscito, tentativo di erigersi a miglior rockband al mondo. Perché è vero che negli ultimi anni le porte del mainstream si sono aperte per la band americana, ma fatto sta che ancora riescono a produrre veri e propri dischi rock, come non fanno più in molti ai nostri tempi.
Sonic Highways parte forte e non ha intenzione di fermarsi per alcun motivo. Si pesta sul pedale dell'acceleratore dal primo all'ultimo secondo di questo nuovo lavoro. Nulla di innovativo e molto già sentito nei precedenti lavori di Grohl e soci, che viene rimescolato per provare a sembrare qualcosa di nuovo, mentre di nuovo c'è ben poco. Ma fino a che viene suonato così, ben venga.



Purtroppo di vere e proprie rockband di livello ne sono rimaste poche ai giorni d'oggi. Quindi sono ben accette tutte quelle che portano grande musica al grande pubblico. Se poi per arrivare a un pubblico immenso si propone anche dell'ottima musica, è ancor più ben accetto. 

venerdì 7 novembre 2014

Recensione Pink Floyd - The Endless River

Una sorta di funerale celebrato con venti anni di ritardo. Questo sembra essere The Endless River. La celebrazione di una band morta due decenni fa, ma sempre tra i primi come gradimento del pubblico. Perché i Pink Floyd hanno segnato la vita di chiunque si sia avvicinato a loro. E difficilmente sono tornati indietro. Ecco ora arrivare questi scarti degli ultimi lavori, quando la band era guidata da Gilmour.
Ed è proprio il chitarrista del band britannica a dominare la scena, con Mason a fare da supporto in questa rivisitazione di vecchi pezzi mai pubblicati. Si risente, con piacere, anche il defunto Wright alle tastiere con registrazioni vecchie di decenni. Ma è proprio il grande assente quello di cui si sente la mancanza. Come gli ultimi due lavori ( A Momentary Lapse of Reason e The Division Bell) viene a mancare il genio, quello che erano stati prima Barrett poi Waters.
Il disco è tecnicamente impeccabile, eseguito alla perfezione, ma manca lo spunto decisivo. Ci si perde ad ascoltarlo, le atmosfere fanno tornare la mente a anni ormai passati. L'essere totalmente strumentale, fatta eccezione per il singolo Louder Than Words, rende l'esperimento ancora più a pannaggio di Gilmour che giostra a piacimento i tempi del disco, dote in cui è sempre stato artista superbo.



Per chi vi scrive questo era il disco più atteso dell'anno. Forse del decennio. E il risultato non mi ha deluso più di tanto. Si torna agli ultimi anni della band, probabilmente non i migliori, ma che comunque offrivano comunque picchi di assoluta grandezza. Ma resta sempre un funerale, quindi si arriva a fine disco con la consapevolezza che sarà l'ultima puntata di una grandissima storia.