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domenica 19 giugno 2016

Johannesburg - Mumford And Sons

 Stanis La Rochelle non sentiva l'Africa,  probabilmente perché stava girando a Pomezia.  Magari se il fiume Ngube fosse stato in zona  Aprilia, l'Africa si sarebbe sentita di più. O se i  mezzi a disposizione della produzione degli Occhi  del cuore avessero permesso di girare nella savana,  sarebbe venuta fuori una scena memorabile.

 Siccome i Mumford and Sons hanno i mezzi per  andare a registrare direttamente in Africa, hanno  preso armi e bagagli e sono andati a registrare un  EP direttamente a Johannesburg. O magari hanno  solo approfittato del tour che passava da quelle  parti per collaborare con alcuni artisti del posto.

Ed è stata una buona occasione per fermare il processo di Coldplaizzazione che era partito dal precedente disco Wilder Mind. Cinque brani in cui i quattro ragazzotti inglesi hanno voluto sperimentare qualcosa di totalmente diverso dal solito, con un risultato decisamente buono.

Ma di esperimento trattasi, e tale resterà. Così come negli Occhi del Cuore solo una puntata era lontano da Villa Orchidea, anche i Mumford and Sons dopo questo EP torneranno nella loro zona confortevole, quella che sta accanto allo studio di registrazione dei Coldplay.
Però mi piace immaginare Marcus Mumford che gira per le sterminate pianure africane vestito come un novello David Livingstone, col suo bel cappellone di paglia, in attesa di un'ispirazione che arrivi dal nulla, come la voce che spingeva Corinna Negri verso il fiume Ngube.


 

venerdì 17 giugno 2016

Recensione The Gateway - Red Hot Chili Peppers

Ovvero qualcuno salvi il soldato Flea


Disco in studio. Tour. Disco Live. Raccolta. Ripeti.
Disco in studio. Tour. Disco Live. Raccolta. Ripeti.

I Red Hot Chili Peppers sono entrati nel circolo vizioso che colpisce tutte le storiche band arrivate a un determinato punto della carriera. Idee vicine allo zero, casa discografica che obbliga a pubblicare qualcosa e loro che eseguono. Quando invece avrebbero solo voglia di fare surf sulle spiagge dell'amata California.
"No, ma stavolta hanno fatto un disco Prog" ( giuro che me lo hanno detto). Ecco, a chi me lo ha detto poi consiglierò in privato qualche disco per capire cos'è il Prog.

La formula dei RHCP è abbastanza semplice. Si sono detti : “Californication ha fatto il botto, quindi continuiamo a rifare quello”. E se Californication era davvero un gran disco, da By The Way in poi si è intrapresa una discesa che non si appresta a finire. Tanto i loro sold out continuano a farli e questo gli basta. In The Gateway sono riusciti pure a perdere il groove che li ha sempre contraddistinti, come se avessero composto i brani e poi li avessero registrati al rallentatore. Come quando con il videoregistratore andavi indietro piano.

Forse il momento più alto dei RHCP negli ultimi anni


Il soldato Flea ci prova a tenere in piedi la baracca, con la solita sezione ritmica impeccabile, ma sono vani sforzi, quindi non sorprende il fatto che per fare della musica più nelle sue corde abbia deciso di andare a suonare il campanello di casa Thom Yorke. E il risultato è più che discreto, diciamo anche ottimo.
The Getaway è un disco discreto, che non si eleva dal mucchio della produzione degli ultimi quindici anni della band, che farà felici i fan e lascerà indifferenti gli ascoltatoti occasionali.
Tranquilli che tanto il prossimo tour è già tutto esaurito e tra cinque anni avremo il dodicesimo disco dei RHCP, che sarà l'ennesimo clone degli ultimi cinque dischi. Uno di quegli album che li ascolti e quando è finito hai una sensazione di déjà vu, la stessa che avevi avuto cinque anni prima e ancora altri cinque anni prima.

martedì 14 giugno 2016

Recensione Afterhours - Folfiri o Folfox

Nell'ultimo mese e mezzo Manuel Agnelli è diventato l'artista di cui più si parla in Italia.
Era scontato che la decisione di prender parte a X Factor avrebbe fatto discutere, e il morigerato popolo del web non ha fatto mancare la propria reazione sdegnata. Quindi tra un “venduto” e un “ha fatto bene”, dalla prossima stagione televisiva Agnelli avrà modo di far parlare ancora di sé, vista anche l'innata capacità di non far nulla per risultare simpatico alle folle.
Gli Afterhours arrivano a questo nuovo disco dopo un periodo particolarmente difficile, tra cambi di formazione ( Fabio Rondanini e Stefano Pilia le new entry alla batteria e alla chitarra), ma soprattutto perdite dolorose che solo l'asse portante di questo nuovo Folfiri o Folfox.

Tu giurami che noi, non moriremo mai. Avevamo un patto io e te, ma l'hai tradito tu.”

Folfiri e Folfox, per chi non lo sapesse, sono nomi di due cicli chemioterapici. Cancro che ha portato via il padre di Agnelli e che è la base di partenza di questo undicesimo disco della band milanese. Un disco di rottura rispetto a tutto quello che la band ha prodotto in quasi tre decenni di carriera. Il disincanto di Padania è un lontano ricordo, così come la foga di Germi o Hai paura del buio? ( celebrato alla grande qualche tempo fa), per lasciare spazio a un misto di inquietudine e angoscia. Che già dall'apertura di Grande fanno capolino, soprattutto per quel che riguarda testi e cantano di Agnelli. Tanto pianoforte, tante chitarre acustiche, poche distorsioni. E spazio per qualche sperimentazione musicale a cui la band ci ha già abituato da qualche disco.

Appunto una rottura con il resto della discografia degli Afterhours. Ognuno il lutto lo elabora a proprio modo, Agnelli ha deciso di farlo in diciotto brani. Una rottura che è un pezzo che si incastra alla perfezione nel puzzle della produzione della band. E che farà storcere il naso ai fan degli Afterhours, che avevano già iniziato a protestare da un paio di dischi a questa parte. Ma Agnelli oltre a non far nulla per risultare simpatico, non fa neanche nulla per far volere popolare, ma fa quello che pensa sia il meglio per la sua band. E se non saranno tutti soddisfatti non penso gli causerà dei problemi, visto che questo lavoro è forse il più intimo tra tutti quelli che sono usciti dalla sua mente. E quello dall'impatto meno diretto. Quindi forse i fan che ora lo criticheranno saranno i primi a rivalutarlo, per quel che merita, tra qualche anno.