Chitarre distorte, tante influenze e un
sound deciso e potente. Questi sono gli ingredienti principali di
questo nuovo lavoro dei 7 Training Days. Wires
arriva dopo otto anni di attività della band, che li ha visti pubblicare un disco e un EP negli ultimi tre anni.
E
questa esperienza maturata in quasi un decennio di attività la si
ritrova in questo loro nuovo lavoro, che lascia pochi spazi alle
sbavature e ci offre una band solida e coesa.
Ritmi
malinconici e sospesi, tanti brani che sembrano sempre sul punto di
esplodere ma che poi si richiudo a ricciolo su loro stessi, lasciando
quasi un senso di incompiutezza in chi li ascolta. Ma non deve essere
visto come un difetto, anzi. È una chiara scelta della band che
sembra voler lasciare sospesi gli ascoltatori in una sorta di limbo.
E
come detto si sentono anche tante influenze. La maggior parte delle
quali arrivano direttamente dagli anni '90 e da un certo tipo di
musica alternativa. La via maestra tracciata un rock abbastanza
orecchiabile e fruibile ai più, ogni tanto divaga andando a battere
strade a volte vicine al post-rock ( I
Will, The Greater Good
) e a volte invece più vicine a uno scanzonato Brit-pop ( You
Are Not Me, Down By The River).
Ma
il punto principale di qualsiasi disco al mondo è avere dei bei
brani. E i 7
Training Days ne
propongono dodici tutti decisamente buoni, in cui è difficile
trovare un punto debole.
Una ritrovata ispirazione. O meglio,
guardare al passato per ritrovare l'ispirazione. World Peace Is
None of Your Business è
in sostanza un la ricerca di certezze, a livello artistico, dopo
diversi anni, e diversi dischi, in cui queste certezze sembravano
perse. Morrissey
non torna quello di trent'anni fa, ma di certo si ripropone a più
che discreti livelli dopo qualche lustro di produzioni non sempre
all'altezza.
Un
disco che non fa gridare al capolavoro, ma che ci ripropone
un'artista con qualcosa da dire. I temi sono quelli che Morrissey
va
gridando ai quattro venti ormai da anni. Impegno animalista ( The
Bullsfighter Dies),
violenza sulle donne ( I'm
Not A Man)
e una sorta di demotivazione contro i poteri forti del mondo ( World
Peace Is None Of Your Business).
Dal
punto di vista musicale Morrissey
fa quello che gli è sempre riuscito al meglio, fare Pop. Pop
elegante e raffinato, che come detto guarda agli antichi fasti per
cercare di tornare sulla cresta dell'onda. Non è un mistero che le
parti migliori di questo nuovo album siano quelle che hanno un
fortissimo sapore degli Smiths ( Istanbul,
Kiss Me A Lot)
ma anche l'acustica Mountjoy
non
sfigura per nulla. Ma a fare da contraltare ci sono anche alcuni
bassi che fanno tornare alla mente il Morrissey
degli ultimi lavori solisti.
Un
disco nella media per un artista che purtroppo vede arrivare prima il
suo nome rispetto alla sua musica. Purtroppo però quando ci si trova
davanti a chi ha fatto la storia della musica non possiamo che
aspettarci sempre qualcosa di più. Ma come detto è anche un
notevole passo in avanti rispetto alla storia recente dello stesso
Morrissey.
L'Ordine Naturale Delle Cose - L'Ordine Naturale Delle Cose EP
L'Ordine
Naturale Delle Cose nascono un
anno fa e si presentano già con il primo EP, che porta lo stesso
nome della band.
Suoni
cupi e chitarre taglienti fanno da accompagnamento a una ricerca
sonora che spazia dall'alternative alla psichedelia non risentendo di
questo vagare in diversi ambiti sonori. Ma la cosa che risalta di più
sono gli ottimi arrangiamenti, che tutto fanno pensare tranne che a
una band al debutto. Unica nota un po' negativa è la voce che a
tratti sembra andarsi a nascondere, invece di imporre la propria
presenza, vista anche la presenza di testi più che buoni.
Solo
quattro brani che però mettono in mostra doti notevoli. Ora sta alla
band riuscire a sviluppare nel modo giusto.
Plankton
Dada Wave - Haus Of Dada EP
Alcune
band si prendono molto sul serio, quasi troppo. Per altre invece fare
musica è un modo di divertirsi e divertire. I Plankton
Dada Wave rientrano nella
seconda categoria.
Questo
nuovo EP Haus Of Dada
ci regala sei nuovi brani perfetti per farci saltare e muoversi dall'inizio alla fine. Diciassette minuti di New Wave mista a Funk in
cui si mettono in mostra anche doti tecniche notevoli. Una sorta di
cazzeggio continuo ma sempre sotto controllo e carico di umorismo.
Secondo
EP per il trio di Varese e ottima prova in tutti e sei i brani. E se
è vero che c'è bisogno di musica impegnata, spesso anche del sano
divertimento non è da disdegnare.
Palmer Generator - Shapes
Il
confine tra vari generi è spesso labile. È un attimo passare da un
lato all'altro e tornare indietro nel giro di un brano. I Palmer
Generator con il loro secondo
lavoro Shapesci portano in un mondo
fatto di suite lunghissime e cupe, quasi oscure, in cui spesso sembra
di trovarsi davanti a un muro di suono. Stoner, Doom ma anche Post
Rock. Questi sono gli ingredienti con cui la band marchigiana ci
trascina in un viaggio di pezzi strumentali infiniti ( cinquanta
minuti di disco per cinque brani), in cui a suoni giovani e pesanti,
si mescola la voglia antica di non smettere mai di suonare.
Shapes
è
il classico lavoro che va riascoltato all'infinito per cogliere tutti
i più piccoli dettagli che all'ascoltatore poco attento possono
sfuggire a un ascolto superficiale. Ma ogni ascolto è valevole del
tempo trascorso vista la qualità della musica dei Palmer
Generator.
Viviamo in tempi difficili, e questo
non dovevo dirvelo io. E questi tempi duri influenzano artisti nelle
loro opere. Anche un'artista al debutto risente di tutta questa
negatività che la circonda e la propria opera prima è lo specchio
del mondo odierno. Sabrina Napoleone con
questo suo debutto La Parte Migliore
ci parla del disagio che viviamo in questi tempi. Disagio in amore,
nei rapporti quotidiani, ma anche il disagio di vivere e di morire.
La
privazione è l'argomento centrale dell'album, quella privazione per
cui Sabrina
Napoleone
ringrazia chi le ha insegnato a lasciare agli altri la parte migliore
( La Parte
Migliore
), che di suo è già una grande lezione di vita. Ma questa
privazione la viviamo in ogni attimo della nostra vita. Che sia per
nostra volontà o che sia per scelte di altri. La
Parte Migliore è
un disco che trasuda disillusione, raccontata con sensibilità e
intimità. E anche se in alcuni passaggi si sente l'influenza di
artisti che sono passati prima di lei ( Nada su tutte ), Sabrina
Napoleone riesce
a imprimere il suo marchio su ogni brano.
Anche
per quel che riguarda la musica l'influenza della musica alternativa
degli ultimi anni è molto forte, ma anche qui rielaborata per dare
un tocco personale e mai banale. E questa voglia di provare la porta
a sfiorare l'industrial ( Dorothy),
la canzone d'autore ( Pugno
di Mosche)
senza però mai esagerare troppo e restando sempre nella strada
maestra.
La Parte Migliore
è un debutto eccellente per un'artista che si era già fatta
conoscere nell'ambiente musicale. Un disco che trasuda eleganza e
cultura ma senza mai voler essere superiore o saccente. Un disco
intimo e personale ma che rispecchia lo stato d'animo di molti di
noi.
La prima cosa che ho pensato
quando ho letto mesi fa la scaletta del concerto dei Metallica a
Roma, è stato che si sarebbe trattato di un occasione persa. Le
canzoni scelte dal pubblico per la tappa italiana del Sonisphere
Festival, che ha portato la band californiana nella capitale, sono stati i
grandi classici della band. Ma il mio ragionamento nasce dal fatto
che quello di ieri è stato il quarto live dei Metallica
che ho visto, di conseguenza le
canzoni proposte le avevo già ascoltate tutte nei loro concerti, e
di conseguenza avendo la possibilità di scegliere i brani avevo
optato per brani quasi mai proposti dal vivo. Ma nel corso del tempo
ho compreso anche i tanti fans che probabilmente hanno visto per la
prima volta i Metallica ieri,
e che quindi avevano voglia di ascoltare i brani che hanno reso
grande la band.
La
partenza è fulminante con in rapida successione tre brani da quel
Master Of Puppets
che ha reso la band una delle colonne portanti del metal mondiale.
Battery, Master Of
Puppets
e Welcome
Home ( Sanitarium),
introdotte come sempre dal video da Il Buono, Il Brutto e Il Cattivo
con The
Ecstasy Of Gold, incendiano
immediatamente i più di trentamila accorsi all'Ippodromo delle
Capannelle. E sentendo come vengono ancora proposte dal vivo
comprendo ancora meglio perché il pubblico voglia continuare a
sentirle. La scaletta propone brani del periodo d'oro della band, dal
1983 al 1991, da Kill
'em All al
Black
Album, come
se tutto quello che c'è stato dopo non fosse mai esistito. E vengono
suonate con una foga e una velocità che con il passare degli anni va
aumentando invece che il contrario.
Ovviamente
chi ha già visto uno show dei Metallica è
cosciente del fatto che non assisterà ad uno spettacolo perfetto
tecnicamente. Tutta quella velocità ogni tanto si paga in termini di
qualità, difatti Lars Ulrich sembra
soffrire questa foga, Kirk Hammett
come al solito pasticcia un pochino su alcuni assoli, ma per i fans
dei Four Horsemen sono dettagli trascurabili. Robert
Trujillo si dimostra sempre più
la scelta perfetta per il basso, mentre James Hetfield si
conferma come uno dei frontman migliori della scena musicale mondiale. Ma il
vero spettacolo nello spettacolo è il pubblico italiano, che non
smette un attimo di incitare i propri beniamini e di accompagnare con
la voce ogni singolo riff della band, cosa che rende felici anche i
Metallica che al
termine dello show sembrano non volere abbandonare il palco, con il
pubblico che dopo molti minuti dalla fine è ancora tutto lì
schierato a inneggiarli.
Ma
oltre ai loro grandi classici la band americana porta in scena anche
il loro nuovo volto, quello iniziato con il documentario Some
Kind Of Monsters,
una sorta di reality show continuo in cui sono i fans a scegliere la
scaletta, con ultimo televoto durante il live per per scegliere
l'ultimo brano ( la spunta Fuel
per
una manciata di voti su Whiskey
In The Jar
), porta i fans sul palco a presentare le canzoni ( Riccardo, al 73°
show dei Metallica
per Sad But True e
Mario a presentare Blackened
).
Come
detto la scaletta ripercorre il meglio della band californiana,
lasciando spazio anche a un paio di brani che si sentono poco dal vivo,
e che permettono al pubblico di cantare a sulle note di The
Unforgiven o
di ascoltare in tutta la sua bellezza Orion,
ultimo regalo lasciatoci su questa terra da Cliff
Burton
con James Hetfield
che lancia un bacio al cielo al termine dell'esecuzione in ricordo
dell'amico che non c'è più.
I
Metallica ci
offrono l'ennesima prova superlativa sul palco, a fare da contraltare
agli ultimi lavori in studio non sempre all'altezza. È vero che i
fans vogliono sentire sempre gli stessi brani, ma fino a che i Four
Horsemen continuano a suonarli così, tutti quanti vogliamo ancora
sentirli.
Andrea
Morsero è un DJ e batterista
che da anni è in giro nel panorama musicale italiano. Questo 2014 lo
vede impegnato con il suo progetto solista, In.visible
che dà alla luce il primo disco, Have You Ever Been?
Depeche
Mode, David Bowie del periodo berlinese, Joy Division e successivi
New Order, un accenno di Billy Idol, Kraftwerk
e tutto quello di simile che vi può venire in mente. Questo è
quello che troverete in Have
You Ever Been?.
Ma non si tratta di un'opera di mero scopiazzamento qua e là nel
passato della new wave e elettronica, anzi ci troviamo davanti a
un'elaborazione di ciò fatta con stile e capacità, in cui Andrea
Morsero
mette in mostra tutta l'esperienza accumulata in questi anni.
Un
disco che parte forte, con l'elettronica a comandare le danze con un
ritmo incalzante ( Another Place To Be, Leather) ma che ben
presto a scavare in atmosfere decisamente più oscure ( Stagen,
The Deepest Darkest Side, Feel) per andare a chiudere con una
delicata ballata elettronica ( Under).
Fare
un bel disco è abbastanza semplice, basta avere delle belle canzoni.
E In.visible partendo dalle proprie passioni, riesce a
rielaborarle proponendo undici brani di un livello più che buono. E
se questo è il debutto, il futuro può essere solo roseo.