Recensione Other Voices - A Way Back
Un giorno qualcuno decise che qualsiasi
forma d'arte andava divisa in generi, sottogeneri, categorie e chi
più ne ha più ne metta. Da allora passa più tempo a decidere in
quale categoria mettere una band, un disco, un film o un quadro che a
giudicarne l'effettivo valore. Io sono sempre stato a favore delle
categorie alternative, e questo album degli Other Voices lo
metterei di diritto nel genere “Dischi che in Italia cagheranno in
pochi, ma che all'estero spaccheranno”. Perché di questi tempi in
Italia va di moda l'indie, che per carità merita, però non riesce a
trovare il giusto spazio chi fa altro. Soprattutto quando lo fa bene.
Perché A Way Back
principalmente questo è, un disco fatto bene. Con un suono che si
sente troppo poco nel nostro paese.
È un
secondo lavoro, figlio del gran successo del primo di quasi dieci
anni fa ( Anatomy of Pain)
ma soprattutto figlio degli anni '80, a cui la band deve tutto.
Sister Of Mercy ( con cui condividono il produttore), The Cure ma
soprattutto Bauhaus. Strade musicali mai troppo battute nel nostro
paese. Non ci sono testi che cantano il male di vivere in cui chi
ascolta si immedesima, non ci sono coretti da cantare dal vivo, ci
sono cinque ragazzi che sanno quello che vogliono dalla loro musica e
lo mettono su disco in modo egregio. E poi se in Italia li seguiremo
in pochi sarà un privilegio, sperando che l'ascoltatore italico dia un segno di intelligenza e tributi il giusto merito a questa band.
Recensione Other Voices - A Way Back
Reviewed by Unknown
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