Recensione Afterhours - Folfiri o Folfox
Era
scontato che la decisione di prender parte a X Factor avrebbe fatto
discutere, e il morigerato popolo del web non ha fatto mancare la
propria reazione sdegnata. Quindi tra un “venduto” e un “ha
fatto bene”, dalla prossima stagione televisiva Agnelli
avrà modo di far parlare ancora di sé, vista anche l'innata
capacità di non far nulla per risultare simpatico alle folle.
Gli
Afterhours arrivano a
questo nuovo disco dopo un periodo particolarmente difficile, tra
cambi di formazione ( Fabio Rondanini e
Stefano Pilia le new
entry alla batteria e alla chitarra), ma soprattutto perdite dolorose
che solo l'asse portante di questo nuovo Folfiri o
Folfox.
“Tu giurami
che noi, non moriremo mai. Avevamo un patto io e te, ma l'hai tradito
tu.”
Folfiri e
Folfox, per
chi non lo sapesse, sono nomi di due cicli chemioterapici. Cancro che
ha portato via il padre di Agnelli
e
che è la base di partenza di questo undicesimo disco della band
milanese. Un disco di rottura rispetto a tutto quello che la band ha
prodotto in quasi tre decenni di carriera. Il disincanto di Padania
è un lontano ricordo, così come la foga di Germi
o
Hai paura del buio? (
celebrato alla grande qualche tempo fa), per lasciare spazio a un
misto di inquietudine e angoscia. Che già dall'apertura di Grande
fanno
capolino, soprattutto per quel che riguarda testi e cantano di
Agnelli. Tanto
pianoforte, tante chitarre acustiche, poche distorsioni. E spazio per
qualche sperimentazione musicale a cui la band ci ha già abituato da
qualche disco.
Appunto
una rottura con il resto della discografia degli Afterhours.
Ognuno
il lutto lo elabora a proprio modo,
Agnelli
ha deciso di farlo in diciotto brani. Una rottura che è un pezzo che
si incastra alla perfezione nel puzzle della produzione della band. E
che farà storcere il naso ai fan degli Afterhours,
che avevano già iniziato a protestare da un paio di dischi a questa
parte. Ma Agnelli
oltre
a non far nulla per risultare simpatico, non fa neanche nulla per far
volere popolare, ma fa quello che pensa sia il meglio
per la sua band. E se non saranno tutti soddisfatti non penso gli
causerà dei problemi, visto che questo lavoro è forse il più
intimo tra tutti quelli che sono usciti dalla sua mente. E quello
dall'impatto meno diretto. Quindi forse i fan che ora lo
criticheranno saranno i primi a rivalutarlo, per quel che merita, tra
qualche anno.
Recensione Afterhours - Folfiri o Folfox
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