Recensione Fabrizio De André - Storia Di Un Impiegato
I dischi di Fabrizio De André hanno
sempre avuto un filo conduttore che legava ogni singolo brano a
creare un unica grande storia. Il punto massimo sotto questo punto di
vista lo raggiunge nel 1973 con Storia Di Un Impiegato. Il
'68 rivisto a cinque anni di distanza, messo in musica con gli occhi
di un impiegato trentenne che vuole fare la sua parte nella rivolta
studentesca.
Con l'ascolto di un
canto del maggio francese ( Canzone Del Maggio ) l'impiegato
prende coscienza della giustezza delle idee dei rivoltosi, e a
seguito di un viaggio onirico che lo rende consapevole delle sue
possibilità ( Al Ballo Mascherato, Sogno Numero Due ) decide
di passare dalla teoria alla pratica, mettendo in atto un vero e
proprio attentato ( Il Bombarolo ) che però non lo
porterà ad altro che all'arresto e al continuare la sua rivolta
proprio all'interno del carcere ( Nella Mia Ora Di Libertà ).
Questo sesto disco
in studio del cantautore genovese segna la prima presa di posizione
politica, cosa non voluta come dichiarato dallo stesso De André, ma
se non altro trasmette con forza un messaggio fondamentale, e lo fa
con l'avanzare della storia, in cui l'impiegato proprio nel finale
capisce che la sua individualità non basta, ma c'è bisogno della
collettività per cambiare veramente le cose.
Uno dei dischi più
criticati di De André, ma che nel corso degli anni ha saputo
meritarsi la stima che gli è consona. Pezzi memorabili come Il
Bombarolo e Verranno A Chiederti Del Nostro Amore resteranno
per anni nel repertorio dal vivo di Faber, e che rendono questo disco
uno dei punti più alti della sua composizione.
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