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Gli Inguardabili - Recensione Pearl Harbor

Il dirigere questo film deve esser stata la prova più dura nella vita di Michael Bay. Ha dovuto attendere un'ora e venti minuti prima di poter mettere la prima esplosione nella pellicola. Un record per lui. E me lo immagino là, dietro la sua macchina da presa, a girare e rigirare quella scena. Perché le proprie passioni vanno vissute fino in fondo. Ma non vi preoccupate troppo per il regista, perché nei centodieci minuti successivi alla prima esplosione, ne infila dentro a più non posso.
Perché in fondo lo scopo ultimo di Michael Bay è quello. Dar fuoco, con grandi botti, a tutto il set. Attori compresi.


Un bel film è una commistione ti tanti elementi. Regia, sceneggiatura, interpretazioni, reparti tecnici. Ecco Pearl Harbor ha tutto questo.
Al contrario però.
Josh Hartnett, Kate Beckinsale e il mio amico Benpezzo di tufoAffleck fanno a gara a chi recita peggio. Con Ben Affleck che quando c'è da competere in questa categoria riesce sempre a uscirne vincitore a mani basse. Ci tiene a queste cose.
Di solito in questi film mi diverto a cercare l'attore che non c'entra nulla col resto. Quell'attore totalmente fuori contesto che ha la classica espressione di chi sta pensando : “Sono qua solo per i soldi”
E questa volta il nostro uomo è...(rullo di tamburi) Dan Aykroyd.
Dan, perché? Hai lavorato con Spielberg, Landis, Attenborough, Woody Allen e Michael Bay. Fossi in te cancellerei dal curriculum quest'ultima voce, fidati, quelli delle risorse umane ai colloqui le notano ste cose.
Ma la cosa di gran lunga migliore di questo film è la trama. Sono abbastanza sicuro che il revisionismo storico sia iniziato con questo film.
Wikipedia dice che i primi aerei giapponesi sorvolarono Pearl Harbor alle 7.15 di domenica 7 dicembre 1941. Ora qualcuno mi spiega cosa stracazzo ci facevano dei bambini in strada a giocare alle 7 di domenica mattina? E l'ammiraglio che, sempre alle 7 di domenica mattina, era vestito di tutto punto già a metà di una partita di golf? Caro Michael Bay ma i tuoi cosa ti costringevano a fare alle 7 di mattina della domenica? Ti mandavano ad arare i campi alle 7 di domenica mattina? Dimmelo Michael, sto in pena per te.
Oppure vogliamo parlare di come vengono descritti i soldati giapponesi in questo film? Praticamente un popolo medievale a cui hanno messo in mano delle bombe e degli aerei, con i modellini delle navi in una piscinetta (o una fontana, vedete voi) per simulare l'attacco e che si mettono le fascette in testa
prima di decollare, Rambo style. Però tutti hanno l'espressione da "stamo a fa na cazzata". Ma Michael Bay non vuole esser troppo cattivo e li riempie di senso della giustizia e quindi mentre sono in volo sopra Pearl Harbor fanno gesti ai bambini (si, quelli che giocano alle 7 di mattina) di allontanarsi e scappare...E neanche il tempo di finire l'attacco il generale giapponese è ormai certo di averla fatta la cazzata e lo dichiara al mondo con un emblematico : “Ho paura che abbiamo svegliato il gigante che dormiva” (il generale giapponese lo sa benissimo che gli americani ce l'hanno più lungo). Ovviamente la colpa è la mia che vado cercando credibilità storica in un film di Bay, ma tant'è.


In tutto questo marasma di incompetenza, nulla tocca i picchi di quello che gli sceneggiatori mettono in bocca agli attori. Un concentrato di retorica e banalità che farebbero sembrare un editoriale di Gramellini uno scritto sui massimi sistemi. Rivedendo il film ho avuto modo di prendere qualche appunto sulle migliori frasi che questo capolavoro dell'inguardabilità ci offre:
  • Dopo un minuto e mezzo di film, ripeto un minuto e mezzo, i due protagonisti da bambini ci deliziano con un “Patria di libertà, patria del coraggio”. Così, a buffo, senza motivo alcuno. E già qua si capisce l'andazzo del film.
  • “Caro Rafe, sapessi quanto mi manchi. È strano trovarsi dall'altro capo del mondo senza di te”. Kate Beckinsale scrive una lettera all'amato Ben Affleck mentre si trova in spiaggia alle Hawaii in bikini, come una influencer su Instagram ante litteram che posta foto al mare con citazioni filosofiche elevate.
  • “Tanti rimproverano voi yankee di non essere entrati ancora in guerra. Per parte mia le dico, che se ce ne sono altri come lei laggiù, guai a chi si troverà a combattere contro l'America”. Perché ecco, gli inglesi stanno in guerra da due anni a farsi ammazzare, ma gli americani ce l'hanno più lungo (di nuovo). Ed è giusto che il comandante inglese lo ammetta.
  • “A Pearl Harbor il fondale è troppo basso per gli aerosiluri e abbiamo reti antisommergibili. Qui c'è un solo pericolo, gli atti di sabotaggio”. Perché si, chi se li incula quei musi gialli, vuoi che ci vengono a cagare il cazzo a casa nostra? (Lo volete capire che ce l'hanno più lungo?)
  • Dulcis in fundo il nostro caro Josh Harnett, che dopo un atterraggio di emergenza in cui si è praticamente reciso la carotide e due colpi in petto sparatigli dai giapponesi, ha comunque il tempo di fare il classico discorsetto pre-mortem che tanto piace agli americani : “è inutile, non ce la farò. Ho tanto freddo, ho tanto freddo. Rafe mi fai un favore? Controlla bene le lettere quando scrivi il mio nome sulla lapide.”
E si potrebbe andare avanti più o meno per tutti i centonovantatre minuti del film, in quanto ogni singola battuta potrebbe essere oggetto di memorabilità, su tutto i dialoghi durante le scene di combattimento in volo. Più che dialoghi di soldati in guerra sembrano quelli miei e dei miei amici mentre siamo sul divano a giocare a Call of Duty.
E alla fine non importa che i giapponesi abbiano ucciso tremila soldati con l'attacco a Pearl Harbor, i nostri prodi sono andati di là con sedici aerei, hanno distrutto due fabbriche e hanno vinto la guerra con quell'attacco a Tokyo. E degli ottanta che parteciparono alla missione suicida la medaglia il presidente la conferisce solo a Ben Affleck, si vede che sul tufo risalta di più. O almeno questo ci dice Michael Bay.
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