Recensione The Beach Boys - Pet Sounds

Ma a cavallo tra il 1965 e il 1966
cambiò tutto. Il leader dei Beach Boys Brian Wilson abbandonò
l'attività live, sia per paura di esibirsi che per l'insorgere di
primi avvisi di instabilità mentale. Si iniziò a dedicare
principalmente alla composizione in studio. E l'uscita di Rubber
Soul dei Beatles cambiò
radicalmente la concezione musicale di Wilson.
Wilson
decide di cambiare completamente la struttura musicale fino a quel
momento seguita dai ragazzi californiani, andando a comporre qualcosa
di totalmente diverso. Addio a quel pop frivolo che aveva segnato la
loro carriera fino a quel momento, ed ecco arrivare armonie vocali e
musicali fino a quel punto sconosciute ai Beach Boys. Nonostante la
contrarietà del resto della band che sarebbe voluta restare su
binari più consoni al loro passato.
Ma il
risultato è uno di quei pochi dischi che si possono definire come
capolavoro. Quattordici brani da ascoltare quasi all'infinito, senza
mai una caduta in basso, e una dimostrazione totale di come andrebbe
trattata la musica pop. D'accordo la musica leggera, ma può essere
anche di grande spessore, come in questo caso. Pop che si avvicina
alla psichedelia e al rock, senza mai lasciare però la strada
maestra. E un intreccio di voci e musica che si accorpano l'un con
l'altro quasi a creare una sorta di magia sonora, da cui è difficile
staccarsi.
Uno
dei dischi fondamentali nella storia della musica, uno che se non si
è mai ascoltato bisognerebbe subito porre rimedio. Se nel 1966
qualcuno ha anche solo dubitato che esistesse una band migliore dei
Beatles, la colpa è di questo album.
Recensione The Beach Boys - Pet Sounds
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