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Recensione Metallica - Master Of Puppets


Nella Bay Area a inizio anni '80 si sviluppò progressivamente una scena musicale che prendeva spunto dalle prime band metal inglesi e dal punk. La miscela tra questi due generi diede vita a quello che sarà conosciuto come Trash Metal. I portabandiera di questo nascente genere erano i Metallica.
Nel 1986 i quattro ragazzi californiani venivano da due dischi, Kill 'Em All e Ride The Lightning, che avevano riscosso un buon successo ed erano pronti a spiccare il volo definitivamente.
L'intro di Battery ci introduce lentamente verso un muro di suono che non si fermerà fino al termine dell'album. E se Battery fa capire le intenzioni della band basta l'attacco di Master Of Puppets per capire che ormai i Metallica sono maturi abbastanza per tirare fuori un capolavoro. Otto minuti forsennati, suonati a una velocità pazzesca, cambi di ritmo, assoli taglienti che da subito proiettarono il brano tra i classici del metal.
I due pezzi successivi mostrarono però la vera maturazione del gruppo, soprattutto a livello compositivo. The Thing That Should Not Be e Sanitarium ( Welcome Home ) sono pezzi più Heavy, più pesanti, più cupi anche nei testi che vanno a toccare argomenti delicati come insanità mentale e suicidio. 
Ma il vero apice del disco viene raggiunto nel finale, quando Cliff Burton ci regala un ultimo pezzo della sua straordinaria classe. Orion è un pezzo strumentale, un abitudine all'epoca per i Metallica, in cui Burton da sfogo a tutta la sua capacità compositiva. Nove minuti che potrebbero durare in eterno e non stancare mai.

  
Il disco della consacrazione per i Metallica, che con Master Of Puppets chiudono la prima parte della loro carriera, in seguito anche a vicende non dipendenti da loro. Un disco che ancora oggi è tra i capisaldi della musica Metal e tra i dischi migliori di tutti gli anni '80.
Recensione Metallica - Master Of Puppets Recensione Metallica - Master Of Puppets Reviewed by Unknown on 20:02 Rating: 5

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