Ricordando Faber, quindici anni dopo
“De André non è stato mai di
moda. E infatti la moda, effimera per definizione, passa. Le canzoni
di Fabrizio restano” - Nicola Piovani
Milano, 11 Gennaio
1999 h 02.30
Quindici anni fa si spegneva in un ospedale di Milano nel cuore della
notte Fabrizio De André. Ce lo ha portato via un tumore ai polmoni.
Ricordo ancora il momento in cui al TG il giorno successivo diedero
la notizia, e ricordo alla perfezione il dolore che mi provocò
quella notizia. All'epoca ero un giovane adolescente che aveva appena
iniziato a scoprire questo meraviglioso artista. La colpa della mia
scoperta di De André è da dare a mia sorella. Tra le sue
musicassette fatte in casa ne aveva una di De Andrè, da un lato
c'era Rimini e dall'altro Vol. 3. Quella cassetta
l'avrò ascoltata non so quante volte, difatti quei due album saranno
per sempre tra i miei preferiti.
Ma Faber è uno di quegli artisti che devono essere scoperti piano
piano, perché ogni volta che si ascolta qualcosa che non si conosce
è davvero una nuova scoperta, ed ogni volta è un nuovo amore.
È stato l'artista italiano che ha stravolto la canzone in Italia per
come la si conosceva prima di lui, e dopo di lui tutti hanno dovuto
confrontarsi con la sua arte, confronto spesso improponibile.
Su De André in questi quindici anni si è detto e scritto tutto, a
volte anche troppo, per un artista che ha veramente elevato la musica
a poesia. Infatti non mi dilungherò più di tanto a raccontarvi la
sua vita e le sue opere. Man mano che conoscevo sempre di più la sua
discografia mi stupivo di come Faber avesse varie facce, e ogni disco
poteva contenere anche tutte le sue varie anime, che si mescolavano
tra loro per creare un qualcosa di mai visto prima, e neanche dopo.
Con tutta l'umiltà possibile vorrei dare un'occhiata a queste sue
facce, per cercare di farvi capire cosa è stato per me Fabrizio De
André.
- L'innamorato
“Ti ho trovata lungo il fiume che suonavi una foglia di fiore che cantavi parole leggere, parole d'amore ho assaggiato le tue labbra di miele rosso rosso ti ho detto dammi quello che vuoi, io quel che posso.” - Se Ti Tagliassero A Pezzetti
Si
l'innamorato, perché tra le tanti doti di Faber c'è stata quella di
parlare e scrivere d'amore come pochi hanno fatto nella loro
carriera. Ma l'amore di Faber non è mai quello cantato in Italia,
dove l'amore era sempre pieno di fiori e colori, il suo è sempre un
amore sofferto, dolorante, mai gioioso. Ma proprio per questo è
molto più vero rispetto a quello sentito da altri artisti. Si parla
spesso di amori perduti, o di amori diversi, fu tra i primi a parlare
di omosessuali senza preconcetti raccontando anche i loro di amori (
Andrea ).
e questo ci porta alla sua altra faccia.
- Il Diverso
“Per chi viaggia in direzione ostinata e contraria, col suo marchio speciale di speciale disperazione” - Smisurata Preghiera
Faber
era diverso da tutti gli altri artisti italiani. Era una diversità
dovuta sia alla sua indole, sia a quello che scriveva. È sempre
stato vicino alle minoranze, quelle che nessuno osava citare nelle
proprie opere, abbiamo canzoni che parlano di Rom ( Khorakhané
) , di indiani d'America ( Fiume
Sand Creek
), di transessuali ( Princesa
), di prostitute ( Via
Del Campo
), come detto di omosessuali tutti argomenti che non venivano toccati
da altri artisti di un certo calibro. Ma lui era diverso proprio di
indole. Faber è quello che per i primi dieci anni di carriera non ha
fatto neanche un concerto, vuoi per l'eccessiva timidezza, vuoi per
un problema ad un occhio di cui si vergognava. È lo stesso che
scrisse uno dei suoi massimi capolavori, Amico
Fragile,
dopo aver avuto una discussione con dei personaggi altolocati perché
volevano a tutti i costi che cantasse una canzone, quando lui non ne
aveva voglia.
- Il Popolare
“Una gamba qua, una gamba là, gonfi di vino quattro pensionati mezzo avvelenati al tavolino li troverai là, col tempo che fa, estate e inverno a stratracannare a stramaledire le donne, il tempo ed il governo. “ - La Città Vecchia
Nonostante
venisse da una famiglia agiata, il padre vicesindaco di Genova, De
André si è sempre considerato un uomo del popolo. E in tutte le sue
opere si sente questa sua vicinanza alla gente. Una delle capacità
maggiori di Faber era il saper descrivere e raccontare le persone.
Persone vere o create ad arte, i suoi personaggi restano nella
memoria con una forza dirompente. Vuoi che siano i personaggi che
riposano sulla collina ( Non Al Denaro Non All'Amore Né Al Cielo
), o le persone di tutti i giorni, quelli che si possono incontrare
per la strada, di cui ha saputo cantare in modo superlativo.
Senza
mai dimenticare tutta la sua produzione in dialetto, Cruezà
De Ma su
tutti, in cui questa sua indole prendeva ancora più il sopravvento.
- Lo Spirituale
“Alcuni lo dissero santo, per altri ebbe meno virtù, si faceva chiamare Gesù.” - Si Chiamava Gesù
La religione è sempre stato uno dei
temi più controversi nella sua produzione artistica. Fin dal
principio si è letta una forte critica, non tanto a Dio o alla sua
esistenza, ma più che altro all'uso strumentale che ne veniva fatto
sia dai laici sia dagli ecclesiastici. Non si è mai dichiarato
credente, ma ha spesso toccato il tema, dimostrando un evoluzione nel
corso degli anni. La Buona Novella
è la sublimazione del primo De André in cui fornisce una sua
rilettura del vangelo proponendo, concentrandosi sulla Madonna,
mostrandola umana e non divina come nella Bibbia.
Ma
dopo il 1979 e il rapimento subito in Sardegna da parte dell'Anonima,
viene quasi completamente abbandonato il tema religioso. Dichiarò
che durante la prigionia lo aiutarono la fede negli uomini,
visto
che considera Dio un invenzione umana.
- L'onirico
“E quando avevo duecento lune e forse qualcuna è di troppo rubai il primo cavallo e mi fecero uomo cambiai il mio nome in "Coda di lupo" cambiai il mio pony con un cavallo muto” - Coda Di Lupo
Questa
è forse l'anima preponderante di De André. Quella faccia divisa tra
sogno e realtà, capace di creare poesie incredibili. Tanti sono
stati i cantautori che hanno raccontato la realtà, forse anche
meglio di Faber. Ma nessuno riusciva a portare la realtà su un altro
livello, un livello quasi magico, in cui si incontra con il sogno. I
suoi brani più conosciuti sono tutti qua, Il
Pescatore come
Bocca
Di Rosa,
La
Guerra Di Piero
e La
Canzone Di Marinella.
È in questo ambito che De André era superiore a tutti gli altri.
Era capace di far sognare solamente ascoltando una canzone.
- L'Impegnato
“Anche se il nostro maggio ha fatto a meno del vostro coraggio, se la paura di guardare vi ha fatto chinare il mento, se il fuoco ha risparmiato le vostre Millecento, anche se voi vi credete assolti siete lo stesso coinvolti. “ - Canzone Del Maggio
Come
tutti i cantautori della sua stessa generazione, visto anche il
contesto storico in cui ha operato, De André non poteva esimersi dal
cantare la protesta, dovuta anche alle sue idee di anarchia. Ideali
anarchici che lo portarono anche ad essere controllato per dieci anni
dai servizi segreti, che lo ritenevano pericolo e sovversivo.
Storia Di Un Impiegato è
il punto massimo di questa sua contestazione, con la sua visione del
'68, ma la protesta di Faber non si ferma a quel disco. La
domenica Delle Salme
è un concentrato di tutta questa sua protesta, in cui non viene
risparmiato nessuno, nemmeno i suoi colleghi.
Ma
l'impegno politico è innato in chi ha da sempre cantato e descritto
gli ultimi, i reietti, quindi non poteva essere che De André non
mostrasse nettamente questa sua facciata.
- Il Guascone
“E' mai possibile o porco di un cane che le avventure in codesto reame debban risolversi tutte con grandi puttane “ - Carlo Martello Ritorna Dalla Battaglia Di Poitiers
Questa
è la parte di De André che viene spesso scordata o messa in secondo
piano. In mezzo a tutti le opere elevate che ci ha regalato non ha
mai dimenticato di prendere il tutto alla leggera, senza la pretesa
di essere un poeta o un possessore della verità assoluta. Ed è per
questo che non si è mai tirato indietro quando c'era da scherzare,
anche nelle canzoni. Il punto massimo è sicuramente Carlo
Martello
in cui però c'è lo zampino dell'amico di sempre Paolo Villaggio. Ma
anche brani come Il
Testamento, Il Gorilla, Si Fosse Foco, La Ballata Dell'Amore Cieco
ci regalano degli spaccati di un Faber giocoso, che non si prendeva
sul serio ed era capace anche di strappare dei sorrisi.
Mi
sono dilungato fin troppo, ma per un artista, un poeta, un'icona
della nostra cultura del novecento era doveroso parlarne abbastanza
ampiamente. Tutte queste parole per ricordare quella maledetta notte
di quindici anni fa che ce lo portò via. Lo portò via a chi lo
seguiva da una vita, a chi lo aveva appena sfiorato ( come il
sottoscritto ) e a chi lo sta conoscendo solo ora dopo la sua morte.
Ci ha lasciato in eredità opera favolose, da cui possiamo attingere
a piene mani per tutti i giorni che ci restano, ma l'unica
recriminazione è che è andato via troppo presto, quando avrebbe
potuto regalarci ancora tanto.
Grazie
di tutto Faber.
Ricordando Faber, quindici anni dopo
Reviewed by Unknown
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